Ritmo e Struttura sono due termini che si attribuiscono comunemente al linguaggio della musica e dell’arte, più che a quello della gestione aziendale. Eppure ciascuno di essi offre un contributo significativo alla sostenibilità d’impresa. Un esempio dalla nostra esperienza di consulenza può chiarire subito il perché.

Nonostante per certi versi sia scontato, organizzare la pianificazione e la programmazione è sempre un compito importante e delicato. Importante e al tempo stesso dato per scontato, perché non si riuscirebbe neanche volendo a far funzionare processi complessi e conseguire obiettivi progressivi o prossimi senza una preparazione mentale sul cosa mi serve entro quando.

Un compito al tempo stesso delicato, tuttavia, perché forma, contenuti, tempistica e riferimenti di collaborazione determinano tutta l’efficacia dello strumento. Succede che il confronto su questo tema si sviluppi nelle aziende e con la consulenza all’interno dei progetti, come è successo di recente nel corso di una revisione della modalità con cui un’azienda che opera su commessa organizza la propria programmazione della produzione.

Nel corso di un incontro sul tema, il responsabile neo-incaricato della produzione si spendeva molto per sottolineare come la ricezione dei dati dal commerciale relativi alle date di consegna (concordate o rettificate su richiesta della clientela) non potesse essere continua e non controllata, perché questo comportava una necessità di revisione assidua e dispersiva della programmazione della produzione. A sua ragion veduta, quindi, insisteva perché i colleghi comprendessero la necessità di acquisire un “ritmo”, una raccolta “cadenzata” delle informazioni nel tempo, che permettesse di migliorare l’organizzazione di materiali, mezzi e persone nei reparti di produzione.

Mentre qualcuno ribadiva esplicitamente di non capire perché si insistesse sul ritmo e non si leggesero le tabelle, la conversazione via via si è animata, opponendo sempre più evidentemente i sostenitori di una comunicazione immediata delle variazioni alla produzione, rispetto alle voci che inseguivano l’armonia “musicale” di un andamento regolare, ritmico, ciclico, che facilitasse anche l’applicazione di correttivi e della gestione di imprevisti, o urgenze.

Anche il traduttore seguiva l’espressione originaria, senza rendersi conto che la mera trasposizione linguistica non avrebbe portato a persuasione di tutto il tavolo tanto facilmente. A porre fine a questo animato scambio di battute è stato un consulente senior di JMAC, che ha proposto di concentrarsi sulla “struttura”. Nel silenzio di perplessità tra i presenti all’evocazione di questa parola, la rappresentazione di un modello ha rianimato le menti e la parola del direttore di stabilimento, che più tardi ha ringraziato, sottolineando che non aveva …”visto la chiave”. La chiave è la struttura, che determinerà il ritmo che cerchiamo, il valore per il cliente e l’efficacia che tutti auspichiamo”.

Struttura, elementi fissi, standard, sono tutte parole che suscitano in noi il senso di limite, più che di linea guida o di riferimento che aiuta ad evitare errori, dispersioni, inefficienze, perdite di valore. In realtà è sempre l’uso che si fa di uno strumento a renderlo efficace o pericoloso. Il trucco, sembra dirci questa esperienza, è perseguire l’equilibrio evitando di partire dal nulla o da accordi personali, per quanto dettati da buone intenzioni.

Si permetta di non far passare inosservato da parte di chi scrive che, a fronte di un medesimo scopo, nella conversazione citata l’insistenza sulla ricerca di ritmo  è nata da figure italiane; la concentrazione su documenti e tabelle, come pure la proposta logica della struttura rispondono rispettivamente alla necessità e sono il contributo di menti giapponesi.

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La redazione