Sprechi (muda) di trasporto
Quando nelle aziende ci succede di domandare: “A che livello si attesta il valore percentuale di efficienza dei vostri camion?”, la risposta è in genere: “Dal rendiconto mensile pervenuto dal nostro fornitore logistico l’indice di carico è prossimo al 100%” e spesso i responsabili della funzione logistica ritengono che in quella situazione sia davvero “difficile fare meglio”. Come evidenziano tali risposte , dato il frequente affidare i servizi di spedizione/trasporto merci ad operatori logistici esterni, verificare la reale efficienza “con i propri occhi” è dato raramente. Occorre andare ad individuare i margini di miglioramento muovendo un passo oltre invece di limitarsi a controllare il report del fornitore logistico. In particolare vi si notano due elementi di riferimento a nostro avviso utili, il primo dei quali è il criterio della “portata massima”, che prevede però si consideri non solo la tratta di andata dallo stabilimento e/o centro di distribuzione sino al destinatario, bensì anche la tratta di ritorno in sede. Il punto è proprio come si considera la capacità massima di trasporto e se la si considera in senso pieno o meno. Questo per mettere al bando luoghi comuni come quello secondo cui “Tornare a carico vuoto è un male necessario contro cui non si può nulla”. È importante capire quanto spazio vuoto vi sia e – una volta quantificato, in tonnellate o metri cubi – quale margine di miglioramento sussista. Una tipica proposta di miglioramento prevede l’attivazione di percorsi di trasporto prodotti finiti che al ritorno comprenda il ritiro di materia prima da fornitori. Questo perché in molti casi gestire la spedizione dei prodotti finiti è di competenza dell’ente logistico, mentre dell’approvvigionamento di materie prime si occupa la funzione acquisti; ciò comporta che i due dipartimenti difficilmente lavorino insieme per ottimizzare l’uso del servizio di trasporto. Quantificando l’entità delle perdite e portandole ad essere manifeste, si può ottenere un’attenzione solidale di diversi enti al problema, aumentando esponenzialmente la velocità delle iniziative di miglioramento. Il secondo elemento di interesse è il numero di “ore su strada” (truck hours). Il punto in questo caso verte sulla considerazione del tempo effettivamente utilizzato rispetto al disponibile: “È possibile utilizzare il mezzo per tutto il tempo disponibile (24 ore al giorno)?; esistono perdite nell’arco delle 24 ore? Non è possibile quantificarle fase per fase (per percorso, per settimana, per giorno, etc.)?”. Poiché potremmo dire che la logistica altro non è se non “una lotta contro il variare di volumi di merce”, avere corretta contezza del fatto che le dimensioni delle perdite – così come i singoli percorsi – variano, e che, a seconda del periodo tali cambiamenti subiscono oscillazioni, è di per sé importante, perché rende possibile il miglioramento. Per molte aziende, tuttavia, non è scontato avere chiara visibilità sulle “ore su strada”, come pure sulla dimensione dei margini di miglioramento realmente disponibili. Di conseguenza si limitano a chiedere ai propri fornitori di servizi logistici di applicare sconti, senza sapere esattamente da dove sia bene iniziare a metter mano. L’importante a questo punto è piuttosto quantificare le perdite insieme alle imprese fornitrici di servizi logistici. La riduzione di tali perdite, infatti, ha riflessi sul mantenimento/ incremento degli utili degli operatori logistici di riferimento. Coinvolgere questi ultimi nel processo di quantificazione delle perdite significa sensibilizzarli al miglioramento della propria attività, gettando le basi per la costruzione di rapporti di effettiva sinergia.