Un ufficio che gestisce il processo di miglioramento continuo, inducendo l’intera organizzazione a viverlo in modo molto concreto a partire dalle attività dei singoli, può generare auto-apprendimento a tutti i livelli

Nelle imprese italiane si sta diffondendo l’attenzione a soluzioni organizzative volte a supportare in modo importante i processi di miglioramento continuo in azienda. Tale trend, avviato già da diversi anni dalle imprese multinazionali operanti in Italia, riguarda ora anche la piccola e media impresa, senza distinzione particolare tra settori.

Il fenomeno è riconducibile alla crescente diffusione nelle aziende italiane dei principi del “lean thinking”, originati a loro volta dai modelli organizzativi giapponesi – con particolare riferimento all’ormai noto “Toyota Production System” − e da una maggiore consapevolezza circa i reali fabbisogni d’investimento per poter conseguire risultati importanti e continuativi nel tempo.

Nella nostra esperienza di consulenti, la definizione di una struttura di supporto preposta al governo dei processi di miglioramento continuo è condizione necessaria per raggiungere risultati eccellenti, in particolare nelle fasi di avvio e di estensione.

Spesso, infatti, tale struttura, che chiamiamo Kaizen Promotion Office, è quella che consente di tradurre in concreto i concetti di miglioramento continuo, di sviluppo della metodologia e di capitalizzazione della conoscenza, tutti elementi presenti nelle aziende virtuose, ma che non sono replicabili ovunque allo stesso modo.

I rischi da evitare

Il Kaizen Promotion Office, a seconda del contesto e delle caratteristiche dell’azienda, assume forme, dimensioni e specializzazioni differenti. Vi sono anzitutto alcuni elementi di rischio nell’introduzione di una struttura di supporto di questo tipo. Il primo rischio è deresponsabilizzare la “linea” rispetto al miglioramento continuo. Può passare, infatti, il messaggio sbagliato che “il miglioramento lo fa il Kaizen Promotion Office”.

Per limitare questo rischio la funzione dovrà agire in modo tale da:

  • fornire un supporto concreto per l’indirizzo, il coordinamento e il controllo dei processi di miglioramento;
  • facilitare il confronto interno e la fruibilità trasversale dei percorsi di miglioramento e delle competenze;
  • fungere da catalizzatore per l’innovazione dei metodi di miglioramento, evitando però di sollevare il resto dell’organizzazione dalla responsabilità sulle performance operative e sui risultati del miglioramento delle stesse.

A tale scopo, il sistema di Mbo (Management by objectives) per le “linee” dovrà comprendere il miglioramento delle prestazioni e dei processi, non solo il loro mantenimento, e grande attenzione dovrà essere posta nella comunicazione degli obiettivi e delle responsabilità della nuova funzione.

Dove sbagliano le aziende europee

Ciò che a nostro parere riduce maggiormente il suddetto rischio è la corretta interpretazione del concetto stesso di miglioramento continuo, che rappresenta il vero punto di partenza, e per la quale esiste ad esempio una prima differenza tra imprese occidentali e imprese giapponesi. Spesso, infatti, nella gestione e diffusione della cultura del miglioramento continuo viene commesso un errore nella “traduzione” del ciclo di Deming (Plan, Do, Check, Action – Pdca).

In estrema sintesi molte aziende interpretano il Pdca non come un ciclo, che riguarda tutta l’azienda in orizzontale e in verticale, ma come un sistema che prevede qualcuno (il top management) che pianifica, altri (gli operativi) che eseguono, i livelli intermedi per il controllo e le eventuali azioni correttive. Tale modello implica grandi difficoltà nell’estensione delle pratiche di miglioramento e nel radicamento di una cultura di miglioramento continuo nelle organizzazioni e, soprattutto, difficilmente genera autoapprendimento a tutti i livelli dell’organizzazione.

Il rischio principale connesso a questa interpretazione è l’autoreferenzialità dei livelli medio-alti dell’organizzazione, ovvero l’incapacità di mettersi in discussione e di migliorare continuamente.

D’altra parte, l’introduzione di una funzione preposta al supporto del miglioramento continuo (Kaizen Office) in questo modello organizzativo, non solo non ne mitiga gli effetti negativi, ma addirittura rischia di diventare una funzione di controllo o una struttura preposta all’implementazione dei miglioramenti.

L’interpretazione giapponese del concetto, invece, prevede lo sviluppo di veri cicli Pdca su tutti livelli, coerenti tra di loro, tali da indurre l’intera organizzazione a vivere in modo molto concreto il miglioramento continuo, a partire dalle attività dei singoli: in questo modello il processo di miglioramento farà parte dei “task” individuali. In aggiunta ai Pdca “individuali”, tutti i progetti di miglioramento attraverseranno naturalmente le fasi di pianificazione, esecuzione, controllo e miglioramento ulteriore. In questo contesto, la nuova funzione verrà recepita più facilmente come “attivatrice” dei Pdca, come supporto metodologico, come soggetto preposto alla diffusione di metodi e conoscenze.

Tre modelli di riferimento

In termini generali, il compito di tale funzione, (che spesso assume definizioni quali Best Practice Office, Kaizen Office, Lean Promotion Office) è quello di individuare, sviluppare, applicare, supportare, diffondere le metodologie che, applicate ai processi e alle funzioni, comportino vantaggi in termini di efficacia ed efficienza.

Ciò significa che tra i suoi compiti c’è anche quello di promuovere la definizione e la diffusione degli standard e delle best practice. La definizione dell’ambito di intervento della funzione è un elemento essenziale: se spesso assistiamo a Kaizen Promotion Office orientati al supporto dei reparti produttivi, molto più raramente si osservano funzioni realmente orientate a supportare il miglioramento su altri processi aziendali, quali quelli di sviluppo prodotto, di vendita, di assistenza e dei processi di supporto. Premesso che non esiste “la” soluzione universalmente valida, riteniamo che almeno in termini evolutivi tale funzione debba prevedere un ambito d’intervento il più ampio possibile, in modo tale da supportare l’intero percorso di cambiamento dell’azienda e garantire risultati che ne ripaghino l’investimento.

Naturalmente il profilo delle persone che dovranno gestire la funzione (unitamente alle metodologie utilizzate) dovrà essere coerente con l’ambito d’intervento definito; in questo senso la scelta può essere guidata dal “modello di riferimento” che l’azienda adotterà. Tra i diversi modelli adottabili citiamo i tre seguenti.

Modello “hard skills”: il Kaizen Promotion Office è formato da esperti dei vari settori, che provengono dalle unità specifiche e hanno esperienza concreta.

Il loro contributo di servizio alle unità operative, quindi, è sia metodologico sia contenutistico. È il modello che può essere implementato più velocemente grazie alla credibilità del personale nei confronti dei “clienti interni”; d’altra parte comporta alti costi di struttura e il rischio di “isolamento” del best team rispetto al resto dell’organizzazione.

Modello “facilitatori”: il Kaizen Promotion Office è formato da facilitatori puri.

Il loro contributo è quindi principalmente metodologico e di affiancamento alla struttura organizzativa già esistente, eventualmente richiedendo di essere accompagnati da esperti che provengono dalle unità operative stesse, ma non già coinvolti nel progetto in esame. Il rischio di questo modello risiede nella bassa “credibilità” iniziale del personale; nel contempo però è una soluzione facilmente integrabile con il modello organizzativo dell’azienda.

Modello “open”: il Kaizen Promotion Office è una struttura aperta. Un solo coordinatore è in organigramma (o vi è una piccola rete di coordinatori in diverse divisioni della società o del gruppo) e individua i facilitatori nelle unità senza sollevarli dalle loro mansioni. I facilitatori sono supportati dal coordinatore nel personalizzare le metodologie e nel superare gli ostacoli procedurali/organizzativi che si presentano negli interventi. Questo modello genera il massimo utilizzo delle competenze già presenti in azienda, minimizza il costo della funzione e offre flessibilità al carico di lavoro; è però la soluzione che rende più difficile la capitalizzazione delle conoscenze e lo sviluppo di nuovo know how. Importante sottolineare che la scelta del modello di riferimento dovrebbe essere solamente il punto di partenza di una evoluzione organizzativa che l’azienda dovrà progettare sin dall’inizio tenendo in considerazione, tra gli altri fattori: i percorsi di carriera delle persone della funzione; la velocità prevista di diffusione delle pratiche e della cultura “lean”; la resistenza al cambiamento esistente in azienda; il ricorso o meno a supporti esterni (consulenze) per la crescita continua delle competenze del Kaizen Promotion Office.

Un percorso ragionevole

A titolo di esempio, un possibile percorso può prevedere l’avvio delle attività secondo il modello “hard skills”, per vincere l’inerzia iniziale, evolvere verso il modello “facilitatori”, per codificare la conoscenza relative alle pratiche di miglioramento e per la messa a punto del “metodo” proprio dell’azienda, per poi assestarsi sul modello “open” in modo da garantire costi di struttura contenuti (eventualmente con il supporto della consulenza) e alta flessibilità.

Anche l’evoluzione “numerica” della funzione è importante; un percorso ragionevole prevede l’avviamento del Kaizen Promotion Office con un numero limitato di risorse, una crescita nel medio periodo (2-4 anni) e quindi un assestamento su poche persone, in parte “fisse” e in parte “variabili” (ovvero per un tempo definito o “a progetto”).

Naturalmente la specializzazione del personale appartenente alla funzione dovrà essere coerente con il modello scelto e con la sua prevista evoluzione; anche in questo caso le possibili opzioni sono molteplici: assistiamo infatti alla definizione di specializzazioni per linea di prodotto, per sito, per macro processo aziendale (operation, innovation, sales & after sales), per metodologia, per focalizzazione principale (controllo vs. miglioramento) o per combinazione delle suddette dimensioni.

È opportuno infine interrogarsi sulle relazioni che tale funzione dovrà avere con altre funzioni già esistenti in azienda, quali la Qualità, Tempi & metodi, Organizzazione, Sistemi Informativi o altre funzioni preposte all’innovazione, rispetto alle quali è spesso possibile individuare aree di forte sinergia e in alcuni casi opportunità di integrazione.

Le regole del “gioco”

  • Non esistono “ricette” valide per tutte le situazioni: ogni azienda deve individuare il modello più adatto per sé in quel momento, in funzione dello scenario in cui opera, delle proprie caratteristiche, della propria cultura; l’avviamento della nuova funzione deve essere quindi inquadrato in un percorso di sviluppo organizzativo complessivo e non in modo “chiuso”.
  • Ragionare a medio termine e pianificare l’evoluzione della funzione, la specializzazione delle persone che vi opereranno, lo sviluppo delle metodologie necessarie, il dimensionamento e le sinergie con le altre funzioni, anche di staff.
  • Creare valore per i clienti (esterni, ma soprattutto interni), ovvero operare in modo tale da guadagnarsi la credibilità nei confronti della struttura, orientando e supportando, ma mai sostituendo, il personale di “line”.
  • Considerare l’avviamento di una funzione preposta al governo e al sostegno dei processi di miglioramento aziendali come una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’ottenimento di risultati importanti e continuativi, per i quali serviranno senz’altro forte e continuo commitment a tutti i livelli; disponibilità a investire continuamente in tempi e risorse; bassa autoreferenzialità in tutta l’azienda e grande volontà di “mettersi in gioco”.